Non è la prima volta che la guido, e come negli altri sogni è il mezzo che mi sta portando a casa: vengo da una specie di tornante in terra battuta che scende da una montagna, per arrivare alla strada principale del mio paese natìo, in provincia di Bologna.
Faccio l'ultima curva e vedo delle macchine in coda ferme: una è una concept car, con la carrozzeria color acciaio metallizzato ed un parabrezza che pare intervallato come da una specie di veneziana fissa, attraverso la quale intravedo una vecchia signora con i capelli bianchi cotonati ed una giacca a vento leggera color rosa acceso a pois bianchi.
Ha un foulard e degli occhiali stravaganti e mentre la sorpasso lentamente le chiedo se posso andare o è ferma per qualche motivo, ma lei mi guarda e non risponde.
Io lo interpreto come un silenzio assenso e procedo sulla mia strada: vedo una piccola porzione di asfalto, un quadrato, non battuto e leggermente scavato in attesa di lavorazione, ma non ho problemi a passarvi sopra con le mie immense gomme piene.
Superato breve tratto difficoltoso avanzo verso casa ed intravedo già la via principale del paese, con l'incrocio che devia verso la chiesetta a sinistra ed i primi negozi sul marciapiede proseguendo avanti.
Stavolta però il manubrio si è spostato per le vibrazioni ed è tutto a destra, con la manopola di sinistra che è l'unico baluardo che ancora lo trattiene in posizione prima di cadere rovinosamente a terra. Lo sistemo temporaneamente al centro pensando che l'avrei fissato poi a casa, e continuo a dirgermi per la mia strada.